Il “Salame Fabriano” presenta una stagionatura medio lunga, caratterizzato da una pasta molto fine composta da magro di spalla, trito di prosciutto ed altre parti non grasse del maiale, arricchito da coralli bianchi quadrangolari, ottenuti dal lardo di schiena tagliato e aromatizzato nel vino rosso o bianco.
Nel 1877 il salame fabrianese diventa parte integrante della tradizione popolare di Fabriano per opera di Oreste Marcoaldi, autore di “Usanze e pregiudizi”, “I vocaboli più genuini del vernacolo”, “Canti e proverbi del popolo Fabrianese”. In un suo dizionarietto, all’unica voce “salsiccione, salame”, afferma che il salame è una specialità Fabrianese, come di Bologna è la mortadella, di Modena lo zampone.
Il prodotto viene poi speziato con del pepe macinato e in grani, aglio mescolato con vino locale, viene insaccato in budello naturale. Legato a mano attraversa una fase di breve asciugatura e successiva stagionatura.
Una delle storie legate al Salame di Fabriano più note è quella risalente al 1881, con la famosa lettera di Giuseppe Garibaldi diretta al suo amico fabrianese Benigno Bignonzetti, dove il Generale ringraziava per i salumi ricevuti e ne esaltava la bontà di questo salame. Le prime notizie scritte sul salame di Fabriano risalgono ancora più in là nel tempo al 1877.
In base alla tipologia del budello, cambia la pezzatura che può variare da 0,5 a 1 kg. Questo prodotto non potrebbe nascere altrove, perché solo il microclima dell’alta Vallesina può consentire una stagionatura del tutto naturale e quindi creare il Salame di Fabriano come è conosciuto oggi.